“Puoi anche non occuparti di politica, ma la politica si occuperà comunque di te” (cit. J.F.K.)
A volte, dribblando i vari problemi quotidiani, capita che mi interroghi su quali siano le cose che, in quel fatidico giorno che verrà, mi vedranno orgoglioso di aver vissuto.
Non parlo solo del fatto di essere stato una persona per bene, portatrice di un messaggio positivo, ma proprio di quelle azioni o avventure che siamo soliti ammirare quando compiute dagli altri, ma che, molto spesso, ci capita di aver paura di attuare in prima persona.
Sì, perché, fondamentalmente, non c’è peggior confronto al mondo, che non sia quello con noi stessi, dove sappiamo di essere arbitri severi anche quando, in superficie, tendiamo magari ad autoassolverci.
In una classifica ideale, sicuramente al primo posto ci sono gli affetti e le persone care, ossia tutta quella distesa di amore, mani e sorrisi che accompagnano, più o meno durevolmente, lungo il cammino della vita.
Subito dopo, gli ideali: quelle stelle e quei fari che, nelle tante notti che si attraversano, ti permettono di continuare a navigare nella direzione giusta, anche se ciò comporta affrontare la tempesta, piuttosto che rifugiarsi in un porto sicuro e comodo, ma sbagliato.
Segue di misura il cosiddetto “amore universale”, ossia la capacità del singolo individuo di influire, nel suo piccolo, sull’evoluzione in positivo dell’umanità.
Sotto questa distesa di meravigliosi archetipi, poi, cominciano a delinearsi le azioni.
Perché si sa, alla fine sono quelle che contano veramente, ed anche tra loro ammettono distinzioni importanti.
Ci sono i piccoli comportamenti quotidiani, certamente non memorabili, ma che caratterizzano noi ed il nostro modo di essere e vivere, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che le abitudini portano con sé.
Ci sono poi i grandi gesti, quelli che, più rari ed importanti, incorniceremmo volentieri per delineare la storia della nostra vita.
Alla fine, inesorabili, ci attendono le azioni che non abbiamo compiuto.
Tutte le volte che abbiamo avuto la capacità di dire un “no”.
Tutte le volte che non ci siamo piegati di fronte alle circostanze e che abbiamo mantenuto la schiena dritta, anche a costo di sofferenze, e così via…
Ecco, secondo me sono queste le cose per le quali vale la pena veramente di aver vissuto.
Quelle che ti permettono di poggiare serenamente la testa sul cuscino ogni sera, consapevole di aver fatto tutto quanto in tuo potere per il raggiungimento di un obiettivo.
Mi spaventa molto, invece, lo spettro delle cose non fatte per averne avuto paura.
Ci sono le paure importanti, quelle che paralizzano, e ci sono le piccole paure, che ci fanno propendere per l’inerzia o per il consapevole evitamento di quelli che pur sappiamo essere problemi importanti.
Abbiamo vissuto tempi nei quali le cose andavano avanti da sole.
Quanto meno, l’abbiamo creduto.
Forse “campavamo di rendita” sui sacrifici compiuti dalle generazioni precedenti e sulla scia di un “boom” che non poteva durare in eterno.
Abbiamo perso la consapevolezza di quanto sia necessaria l’interazione con la società per far sì che questa vada nella direzione che anche noi vogliamo.
Eppure, non ci si può aspettare, né auspicare che ci sia sempre qualcuno a pensare ed agire al posto nostro.
Bisogna imparare ad essere presenti, sempre di più.
Bisogna contribuire in prima persona, anche solo con la presenza ed il sostegno a chi si spende per migliorare le cose e che condivide la nostra visione.
Bisogna essere consapevoli che è proprio la logica del “meglio un uovo oggi, che una gallina domani”, ad averci portato al punto in cui siamo.
Non è più tempo di delegare. È tempo di agire. Anche a costo di fare sacrifici.
Non esiste l’inesorabile. Esiste quel che lasciamo che accada.